Nel 2013 il signor S. su Facebook:

“Ma dire “A noi piace la FAMIGLIA tradizionale”, non significa mica essere contro GAY o lesbiche! Odio l’IPOCRISIA, l’ignoranza e il pensiero unico. Amo la diversità, la memoria, l’orgoglio e il RISPETTO.”

Così nel 2019: “Io sono l’ultimo dei testimonial della famiglia tradizionale: sono separato, sono divorziato. Ho sbagliato ma chi sbaglia impara dagli errori e non mi permetto giudicare quello che fanno gli altri. I milioni di genitori separati devono anzi essere aiutati.”
(Fonte: Agi, 30 marzo 2019)

In quale contesto il cosiddetto Capitano – in quel momento ministro dell’Interno – ha ammesso questi suoi “errori”? Quale occasione migliore del Congresso delle Famiglie, patrocinato dal ministero della Famiglia dell’ex ministro Lorenzo Fontana? Una sfilata di idee unica nel suo genere: “Vinceremo perché le nostre donne, tradizionaliste e conservatrici, sono più feconde di quelle progressiste di almeno il 30%!”, abbiamo sentito dire a Steve Turley dal palco. “Le femministe sono l’industria dell’aborto, vogliono continuare ad arricchirsi uccidendo bambini”, ha continuato Ignacio Arsuaga del gruppo ultraconservatore CitizenGO.
(Fonte: Cecilia Sala, Wired, 30 marzo 2019)

Solo chiacchiere? Assolutamente no, basta vedere il recente provvedimento preso dalla governatrice leghista in Umbria: “In Umbria non sarà più possibile prendere la pillola abortiva in day hospital, ma solo con un ricovero di tre giorni in ospedale. La giunta di centro destra, guidata da Donatella Tesei, ha abrogato una delibera che permetteva di praticare l’aborto farmacologico in day hospital”.
(Fonte: La Repubblica, 15 giugno 2020)

Per molte donne il ricovero obbligatorio invece del day hospital rappresenta non solo un’umiliazione ma anche una vera e propria costrizione: dover spiegare ad altri le ragioni di una lunga assenza.

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