Alla “Bestia” non importa la coerenza: perché la morte di Paolo Rossi ce lo dimostra?
Smask.online
11 Dicembre
La notizia della morte di Paolo Rossi ha senz’altro scosso molte persone e appassionati di calcio, che oggi piangono uno degli eroi della nazionale Mondiale del 1982.
Tra i tanti messaggi poteva forse mancare quello del cosiddetto Capitano?
“Buon viaggio grande campione. Quella gioia pazzesca che hai regalato a milioni di italiani coi tuoi gol ai Mondiali del 1982 (avevo nove anni, festeggiammo tutta notte al campo estivo degli Scout Cngei a Baselga di Pinè) la porteremo sempre con noi”. Come sempre valanga di like (più di 75mila mentre scriviamo).
Tutto bello e condivisibile, peccato che fino a qualche anno fa le posizioni del signor S. riguardo alla nazionale – e più in generale al tricolore – fossero di tutt’altro stampo.
In quanti si ricordano dell’esultanza al gol del Paraguay contro l’Italia “dei paraculi” nei mondiali del 2010? Per non parlare delle belle dichiarazioni sul tricolore e sulla nazionale di calcio a Radio 24 nel 2011: «Il tricolore non mi rappresenta, non la sento come la mia bandiera»; e ancora «Il tricolore è solo la Nazionale di calcio, per cui non tifo. Mi rappresenta quando diventeremo un Paese normale con meno sprechi e ruberie al Sud».
D’altronde quelli erano i tempi della “Padania” e dell’indipendenza; ma in fondo, come scrive Mauro Munafò su L’Espresso, «La Bestia di Matteo Salvini è una macchina del consenso e dei like che vive dell’oggi, dell’immediato, del presente. Pensare che possa ambire o anche solo interessarsi a una sua coerenza, significa non averne colto in pieno gli obiettivi».
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