Un testimonial per il rilancio del “virus cinese”, ma oltre alla confusione non c’è nulla di vero.

Smask.online

02 Maggio

– “Domanda: perché tutti parlano di varianti indiane (o inglesi o brasiliane)”… Si parla di queste varianti perché anche se “mutazioni del virus Sars-CoV-2 sono state osservate in tutto il mondo fin dall’inizio della pandemia. Mentre la maggior parte delle mutazioni non ha un impatto significativo qualcuna può dare al virus alcune caratteristiche come ad esempio […] una maggiore trasmissibilità, una maggiore patogenicità con forme più severe di malattia o la possibilità di aggirare l’immunità precedentemente acquisita da un individuo o per infezione naturale o per vaccinazione. In questi casi diventano motivo di preoccupazione, e devono essere monitorate con attenzione” (fonte: Istituto Superiore di Sanità).
– “Ma era vietato parlare di virus cinese?”… non ci risultano leggi che vietino nulla in merito. Non si parla tuttavia di virus cinese, perché non è una variante. Perché “rimangono aperte tutte le ipotesi”, come dichiarato da Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, “a conferma del fatto che la ricerca è ancora in corso” (il testimonial è forse uno scienziato e ha già concluso le ricerche? No, niente scienziato, niente ricerca, nessun dato). E perché “il virus che è arrivato a contagiare l’uomo probabilmente ha avuto origine in un pipistrello o in un pangolino; l’ipotesi della ‘fuga’ di questo virus altamente contagioso da un laboratorio cinese è invece indicata come «estremamente improbabile»”.

Fonte: Jillian Kramer, National Geographic, 9 aprile 2021